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La propulsione navale Articolo di Duilio Curradi pubblicato sulla Newsletter del mese di luglio 2021 |
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Negli articoli "Sezione
maestra di una nave del 18° secolo", "Sezione
della prua di una fregata del 18° secolo" e "Sezione
di poppa di una fregata del 18° secolo" siamo
saliti a bordo di una nave in legno dove abbiamo visto,
nel dettaglio, la struttura della prora e della poppa. Era l’epoca in cui la costruzione in legno aveva raggiunto un livello molto elevato di efficienza. La costruzione era affidata ai “Maestri d’ascia”, autentici maghi nel loro campo. Quando la nave era operativa, sia che si trattasse di navi militari che mercantili, veniva affidata ad un Comandante che, a bordo, era la massima e indiscussa autorità. Ricordo un modo di dire di qualche comandante, in uso ancora quando cominciavo a navigare io, e parliamo dei primi anni ‘60 del secolo scorso: “a bordo c’è Dio, l’albero di trinchetto e Io”. Poi la costruzione navale cambiò con l’uso del ferro. Prima furono realizzate costruzioni miste e poi completamente in ferro. Ma questo lo vedremo in seguito. Una grande novità fu l’applicazione del vapore alla propulsione navale e proprio di questo cominciamo a parlare in questa Newsletter. Non fu un passaggio proprio semplice e non sempre fu accolto di buon grado. Le prime macchine erano poco affidabili, molte navi continavano, perciò, a montare l’attrezzatura velica. Poi il sapere che nella pancia della nave c’era del fuoco, quando l’incendio a bordo era una delle cose più temute, lasciava ben poco tranquilli. Ma c’era un’altra ragione importante che indusse molti armatori di velieri ad essere restii all’adozione della propulsione meccanica “... il vento è gratis, il carbone lo devo comprare”. Cominciamo, adesso, ad affrontare il vasto, ma interessante, argomento della propulsione navale dopo l’epoca della vela. Io, da “vecchio” ufficiale di macchina, sono particolarmente affezionato a questo argomento che penso possa interessare molti, soprattutto i modellisti navali, che non sempre si sanno districare fra termini come piroscafo, turbonave o motonave. Innanzi tutto dividiamo le motrici navali in due grandi gruppi: - Le macchine esotermiche - Le macchine endotermiche. Le macchine esotermiche sono quelle nelle quali la combustione avviene in un componente esterno (caldaia) rispetto a quello nel quale l’energia termica si trasforma in lavoro meccanico (motrice alternativa o turbina). Le macchine endotermiche sono quelle nelle quali la combustione avviene all’interno del componente che trasforma l’energia termica in lavoro meccanico (motore Diesel) Adesso, con l’aiuto di alcuni semplici schemi, vediamo le applicazioni più comuni. |
In figura il profilo del Golfo di Trieste (vedi http://www.mitidelmare.it/Golfo_di_Trieste.html). In origine erano mercantili armati con due cannoni e mitragliere. Diventate navi civili furono disarmate e, in molti casi, sensibilmente modificate. |
Le turbine, nel corso
della prima metà del XX° secolo, furono molto
perfezionate migliorandone la potenza e il rendimento. A destra la turbonave Italiana Rex, entrata in servizio nel 1932. Lunga 268 m era mossa da quattro gruppi turboriduttori per 136.000 Cv. |
Turboalternativa Il sistema “turboalternativo” combina motrici alternative e turbina. Ovvero il vapore, dopo aver lavorato nella, o nelle, motrici alternative, entra in una turbina dove cede l’energia ancora disponibile. Qui servono due parole di spiegazione. Il vapore, quando entra nel primo cilindro della macchina alternativa (quello di alta pressione), si trova in determinate condizioni di pressione e di temperatura. In questo cilindro si “espande”, aumentando di volume e, naturalmente, |
Ma alla fine il vapore
potrebbe avere ancora energia sufficiente per muovere
una turbina com’è il caso delle macchine del Titanic (il
profilo in figura) e delle sue gemelle Olympic e
Britannic. Nel caso specifico queste navi utilizzavano
due motrici alternative a quattro cilindri (gli ultimi
due erano entrambi di bassa pressione). Il vapore, in
uscita dai cilindri di bassa pressione, entrava in una
turbina che azionava l’elica centrale. |
Turbo
elettrica Negli anni ‘30 del secolo scorso, le turbine erano già molto progredite. I gruppi erano composti da tre turbine (alta, media e bassa pressione). Le turbine giravano a velocità assai elevata che, per adattarsi alla velocità di rotazione dell’elica, doveva essere molto ridotta. Per questo si faceva ricorso a grandi riduttori di giri a ingranaggi (con denti a lisca di pesce). |
I vantaggi consistevano
nell’aver eliminato i pesanti riduttori di giri e aver
aumentato, notevolmente, la manovrabilità della nave.
Operare macchine alternative, o gruppi turboriduttori,
richiede tempi più lunghi e manovre più complesse di
quanto richiedano i motori elettrici. Basti pensare che
l’inversione del moto richiede l’arresto della macchina
ed il suo riavviamento in senso opposto. |
Motonave Nel corso del XX Secolo i motori Diesel per la propulsione navale progredirono notevolmente. Un contributo importante a questo sviluppo fu dato dalle esigenze dei sommergibili che dovevano utilizzare questi propulsori in superficie e, contemporaneamente, caricare le batterie per la navigazione in immersione. I vantaggi dei motori Diesel, rispetto agli impianti a vapore, divennero presto evidenti. |
Montava, infatti, due motori Doxford (6 cilindri - due pistoni per cilindro). Questi motori erano collegati all’unica elica attraverso due giunti elettromagnetici e un riduttore di giri. Ma di questo, e non solo, ne parleremo quando tratteremo, nel dettaglio, i propulsori. |
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