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Giovedi, 17 dicembre 1964

TRENTADUE MARINAI CORAGGIOSI

Giunti sani e salvi a Singapore
i naufraghi del "Golfo di Trieste"
SINGAPORE, Marinai della "Golfo di Trieste" sulla petroliera "Esso York" che li ha tratti in salvo. FAC SIMILE DELL'ARTICOLO
Si sono salvati tutti: anche il cane del cuoco di bordo.
Il sangue freddo del comandante e la disciplina dell'equipaggio hanno evitato una dolorosa tragedia del mare.

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(nostro servizio particolare)
Singapore, 16 dicembre
Sono sbarcati stamani nel porto di Singapore dalla nave cisterna inglese "Esso York" i naufraghi del "Golfo di Trieste", un mercantile italiano inabissatosi nelle acque dell'Oceano a 400 miglia ad occidente di Manila.
Nonostante la terribile esperienza vissuta e la perdita di tutto ciò che apparteneva loro, tranne i panni che avevano addosso, i naufraghi sono apparsi sereni e calmi. Al momento di scendere dalla nave che li aveva salvati sorridevano ed agitavano le braccia in segno di saluto ai marinai inglesi che restavano a bordo ed alla piccola folla che s'era raccolta sulla banchina.
Ultimo a metter piede a terra è stato il cuoco della "Golfo di Trieste", Michele Di Nichilo di Molfetta in provincia di Bari, che stringeva amorosamente tra le braccia il suo cane che, nonostante inenarrabili difficoltà, era riuscito a salvare e che tutti i marinai avevano proclamato "mascotte" della loro nave. Pierino, questo è il nome della bestia, s'era talmente familiarizzato con la vita di bordo che, a quanto hanno riferito alcuni marinai, era festoso con tutti e girava la nave da cima a fondo con estrema sicurezza.
Subito dopo lo sbarco i marinai del "Golfo di Trieste" hanno raggiunto un albergo dove si sono sistemati in attesa di ripartire per l'Italia.
Con loro si trova il comandante della nave inabissatasi, capitano Francesco Marioni, il quale è stato per primo avvicinato dai giornalisti sia sul molo del porto e sia all'alberg dove è sceso. Ma, nonostante l'insistenza dei giornalisti, il capitano Marioni s'è rifiutato di fare qualsiasi dichiarazione sulla vicenda della sua nave, affermando che non può parlare fino a quando la sua relazione sullo svolgimento dell'affondamento non sarà stata trasmessa alla società armatrice.
Anche i marinai della nave italiana hanno preferito parlare poco della loro avventura. Comunque hanno confermato che la "Golfo di Trieste" s'è trovata in mezzo a una tempesta di rara violenza e che la forza dei marosi è stata tale che le sue strutture hanno finito col cedere, fino a quando nello scafo si è aperta una grossa falla e l'acqua è penetrata con violenza nelle stive numero uno e numero due, determinando l'affondamento della nave nel giro di pochi minuti.
Tutti sono stati concordi nell'esaltare il sangue freddo e la perizia dimostrati in questi difficilissimi frangenti dal capitano.
Per prima cosa egli ha ordinato al radiotelegrafista di trasmettere il segnale di "SOS"; poi, quando ormai era chiaro che qualsiasi tentativo di chiudere la falla sarebbe stato inutile e che una sua decisione era necessaria se non voleva che l'intero equipaggio sprofondasse negli abissi marini con la nave, ha ordinato che venissero calate in mare le lance di salvataggio.
Quindi, imponendo sempre il massimo ordine ai suoi uomini, egli ha ordinato ai marinai di calarsi nelle imbarcazioni uno alla volta, senza precipitazione. L'ultimo a salvarsi è stato lui, il comandante. Pochi minuti dopo il "Golfo di Trieste" veniva inghiottito per sempre dalle acque dell'oceano e di esso non restava che qualche rottame sbattuto dalle onde.
Per fortuna l'"SOS era stato captato a circa venticinque miglia di distanza dalla "Esso York" il cui comandante, Richard Phillips, disponeva immediatamente di puntare verso il punto segnalato dal "Golfo di Trieste" nel tentativo di salvare gli uomini che si trovavano a bordo.
Forzando le macchine, la petroliera è giunta sul posto quando la nave italiana era già affondata ma in tempo per trarre in salvo i trentadue uomini dell'equipaggio che stavano lottando con le onde a bordo di due fragili lance.
"Se non ci avessero scorti - ha dichiarato un marinaio del "Golfo di Trieste" - per noi sarebbe stato difficile salvarci data la violenza della tempesta e soprattutto dato che eravamo ormai stremati e già la sete e la fame facevano sentire i loro morsi".
La "Golfo di Trieste" era diretta con un carico di 10 mila tonnellate di ghisa dalla Spagna al Giappone, quando è stata sorpresa dalla tempesta.
E' davvero un caso straordinario che tutti i componenti dell'equipaggio siano riusciti a salvarsi. Ciò è dovuto soprattutto, secondo l'opinione dei marinai della nave inglese che ha compiuto il salvataggio, allo straordinario sangue freddo di cui ciascuno ha saputo dar prova. Con la nave che imbarcava acqua da tutte le parti e che, anche a causa del pesante carico, minacciava di affondare in pochi istanti, se gli uomini non avessero saputo controllarsi ed agire disciplinatamente secondo gli ordini del comandante, oggi la cronaca dovrebbe registrare una tragedia del mare di proporzioni ben più gravi.
m.b.

Il costruttore del modello del Golfo di Trieste, Duilio Curradi, si imbarcò su questa nave il 2 ottobre 1963, a Barletta, in qualità di secondo ufficiale di macchina.
Vi rimase per oltre un anno finché, il 9 novembre 1964, sbarcò a Reggio Calabria per avvicendamento.
Il viaggio che il "Golfo di Trieste" non riuscì a completare era già iniziato.
Rientrati i naufraghi a casa Curradi andò a trovare il "suo" fuochista (nella foto il secondo da destra, in primo piano) che gli raccontò, attimo per attimo, tutto l'incidente: da quando, in sala macchine, ci si accorse che la nave si stava appruando a quando, con la bandiera nazionale issata sull'asta di poppa, la nave si inabissò salutata dalla nave soccorritrice.