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CONTINENTE BLU FAC
SIMILE DELL'ARTICOLO
PERIODICO DI INFORMAZIONE SULLE ATTIVITA' RICREATIVE SUBACQUEE N. 19 - Giugno/Luglio 1998 TITANIC Realtà & Fantasia |
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Quando
mi è stato chiesto di presentare il modello del Titanic, da
me
costruito, sul giornale di una Associazione di sub, ho pensato al ruolo
svolto dalla tecnologia subacquea nel ritrovamento del relitto di
questa famosa nave. Mi sono ricordato di quando, alla metà degli anni '80, la spedizione franco-statunitense, guidata da Jean-Louis Michel della IFREMER e da Robert D. Ballard della WHOI, riuscì a localizzare il relitto. La notizia e le prime suggestive foto fecero il giro del mondo. Il racconto delle tecniche utilizzate per la ricerca e per le successive visite, unite al fascino ed al mistero che da sempre circondano il Titanic, mi fecero accarezzare l'idea di costruire il modello di questa nave. |
Il
ritrovamento del relitto La nave oceanografica francese Le Suroìt iniziò le operazioni nel luglio del 1985. Venne utilizzato uno strumento denominato SAR (Sonar Acoustique Remarqué). Si trattava di un sonar "attivo" per grandi profondità, sistemato all'interno di un siluro di colore rosso, in grado di fornire grafici di ottima qualità paragonabili a foto in bianco e nero dei fondali. Questa ricerca fu condotta all'interno di un rettangolo di circa 80 miglia quadrate, definito tenendo conto della rotta del Titanic, del punto segnalato dalla nave dopo la collisione con l'iceberg e del punto nel quale il Carpathia trovò le scialuppe con i naufraghi. La ricerca sonar coprì circa il 70% di quest'area ma non riuscì ad individuare il relitto. Entrò allora in scena la nave oceanografica statunitense Knorr che, dotata di propulsione cicloidale, era in grado di garantire un'ottima manovrabilità anche con tempo cattivo. La tecnica utilizzata per questo secondo tentativo era "a vista". Si basava cioè su un dispositivo denominato "Argo" che era sostanzialmente costituito da una slitta di circa cinque metri di lunghezza attrezzata con telecamere e proiettori. A questo punto furono fatte alcune considerazioni. Innanzi tutto si ritenne che le ricerche fin qui effettuate avessero riguardato una zona troppo ad Ovest. Fu perciò definito un rettangolo più a est disegnato, in pratica, intorno al punto nel quale erano state trovate le scialuppe. Fu data anche importanza al fatto che, mentre in acque basse i detriti che affondano si depositano in maniera piuttosto ordinata, in acque profonde, a causa del maggior tempo necessario alla caduta, l'azione delle correnti marine tende a disperdere "sottovento" le parti più leggere creando una specie di "coda" che può arrivare, in un fondale di 4000 metri, fino ad un paio di chilometri. La ricerca cominciò facendo percorrere all'Argo un percorso a "serpentina", iniziato a valle del presunto punto di naufragio, e, per alcuni giorni, furono raccolte solo monotone immagini di fango. Fu intorno all'una del 1° settembre 1985 che sui monitor della Knorr si notarono le prime immagini di oggetti inequivocabilmente fatti dall'uomo. E poco dopo apparve, inconfondibile, l'immagine del frontale di una grossa caldaia identica a quelle installate sul Titanic. Finalmente, dopo oltre 73 anni di sonno inviolato, il relitto della nave più famosa del mondo era stato localizzato in un punto a 49° 56' 49" Ovest 41° 43' 57" Nord (coordinate del troncone di prua). Nei pochi giorni ancora disponibili per la conclusione delle ricerche furono scattate molte fotografie e fu disegnata una mappa dei relitti sul fondo. Fu appurato che la nave si era spezzata in due al momento del naufragio, che il troncone di prua era precipitato verso il fondo nel quale si era incastrato per una dozzina di metri, che il troncone di poppa giaceva ad una distanza di circa 600 metri e che fra le due parti principali della nave era dispersa una grande quantità di detriti. Nel mese di luglio dell'anno successivo una nuova spedizione riportò Robert Ballard sul relitto. Questa volta fu impiegata la nave oceanografica Atlantis II. Era prevista un'indagine più completa e accurata e per questo la spedizione poteva contare sull'impiego del batiscafo Alvin e del robot teleguidato Jason Junior. Il J.J., collegato all’Alvin da un "guinzaglio" di 80 metri, era in grado di manovrare con facilità grazie alle diverse eliche delle quali era dotato, e di effettuare riprese anche nei punti meno accessibili del relitto. Fu grazie a queste operazioni che oggi disponiamo di una documentazione estremamente vasta e di immagini oltremodo suggestive del relitto del Titanic. Ma qui sorse una polemica non ancora sopita. Robert Ballard lasciò sul relitto una targa commemorativa e suggerì di considerare il relitto un monumento funebre al riparo da saccheggi e tentativi di recupero. Ma negli anni successivi il relitto fu visitato più volte. Furono recuperati e venduti oggetti di vario genere. Fu cercato il solito fantomatico tesoro che ogni relitto sembra dover obbligatoriamente contenere. Forse l'unico vero tesoro lo hanno trovato quelli che hanno saputo utilizzare il ricordo e le immagini del Titanic sul piano commerciale. |
La scala dell'orologio |
La sala
fumatori di 1a classe
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Il soggiorno
di 1a classe
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La palestra
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Perché il TITANIC All'inizio del XX secolo, quando erano ormai trascorsi oltre 70 anni dalla prima traversata atlantica del piccolo piroscafo a pale Royal William, che condusse in Europa ben 7 passeggeri, il traffico fra le due sponde dell'Atlantico era enormemente cresciuto. Viaggiavano ricchi uomini d'affari, personalità della politica, intere famiglie benestanti. A questi era dedicata la parte migliore della nave, cabine dotate di ogni confort, ristoranti lussuosi, splendidi saloni che tendevano a far rivivere, sul mare, le migliori condizioni riscontrabili a terra. Ma queste navi trasportavano anche una borghesia emergente e, soprattutto, numerosi emigranti sistemati nei ponti inferiori. Ed erano proprio questi ultimi che, pur pagando costi contenuti, grazie al grande numero, coprivano la maggior parte dei costi di esercizio della nave. Importanti società di navigazione si contendevano questo mercato. Due di queste, la Cunard e la White Star Line, entrambe battenti bandiera inglese, anche se quest'ultima controllata da capitali americani, erano in diretta concorrenza. Fra il 1906 ed il 1907 la Cunard aveva messo in servizio due grandi transatlantici a quattro ciminiere: il Lusitania ed il Mauretania. Mossi da turbine a vapore si distinguevano per lusso e velocità. La White Star Line decise allora la costruzione della classe Olympic. Si sarebbe trattato di due enormi transatlantici ai quali, in un secondo tempo, se ne sarebbe aggiunto un terzo (il Britannic). La costruzione venne affidata ai cantieri Harland & Wolff di Belfast. Il 20 ottobre del 1910 venne varato lo scafo dell'Olympic. Il 31 maggio del 1911, alla presenza di oltre 100.000 persone, venne varato lo scafo del Titanic. Le navi avevano una lunghezza di 268,8 metri ed una larghezza di 28,22 m. Il costo previsto era di 1.500.000 sterline. Il Titanic, che durante l'allestimento subì alcuni ampliamenti che interessarono soprattutto il ponte B, risultò, alla fine, avere una stazza lorda di 53.300 Tonn. che ne facevano la nave più grande del momento. Aveva tre eliche ed una potenza complessiva di 46.000 Cv. Il vapore era prodotto da 29 caldaie a carbone. Possedeva due motrici alternative a quattro cilindri che scaricavano il vapore in una turbina di bassa pressione collegata all'elica centrale. La velocità massima raggiungibile era stimata a 24 nodi. Ai primi di aprile del 1912 il Titanic effettuò alcune prove in mare e poi raggiunse Southampton. A mezzogiorno del 10 aprile la nave partì e si diresse a Cherbourg. Qui sbarcarono 22 passeggeri, che avevano semplicemente attraversato la Manica, e ne imbarcarono 274. Il Titanic si recò quindi a Queenstown, in Irlanda, dove sbarcarono altri 7 passeggeri e ne imbarcarono 120. All'una e trenta dell' 11 aprile 1912 il Titanic, con 2227 persone a bordo (il numero non è conosciuto con esattezza) partì per New York. |
Particolare delle scialuppe di salvataggio |
Dall'orgoglio
alla tragedia II Titanic partì con il suo carico umano nel quale si intrecciavano, praticamente, tutti gli aspetti della società dell'epoca. Ma nel Titanic si identificava anche la presunzione di quanti credevano nell'onnipotenza della tecnica. Si diffuse l'opinione che la nave fosse inaffondabile anche se osservatori più attenti potevano riconoscerne i limiti. Ma cosa successe quella notte? L'incidente è stato descritto molte volte e, soprattutto nell'ultimo film di J. Cameron, i fatti sono stati riportati con grande fedeltà storica. E' quindi inutile riproporre qui la cronistoria degli avvenimenti. La tragedia fu comunque di grande insegnamento. Fu migliorata la tecnica della costruzione navale, fu aumentato il numero delle scialuppe che dovevano essere sufficienti per tutte le persone imbarcate, divennero obbligatorie le esercitazioni generali di emergenza. Ma soprattutto quel naufragio confermò che il mare, splendido in ogni sua forma, deve essere affrontato con prudenza e rispetto. Certamente il Titanic si perse per una serie di coincidenze negative, ma queste furono ben aiutate da sottovalutazioni del pericolo e da quella presunzione di onnipotenza che a volte condiziona chi si trova a dover governare le massime espressioni. |
La costruzione del modello L'idea di costruire un modello del Titanic mi venne a metà degli anni '80 quando Robert Ballard ritrovò il relitto della nave. Io avevo cominciato la vita lavorativa navigando come ufficiale di macchina su navi passeggeri che facevano la spola fra il nord Europa e l'Australia/Nuova Zelanda. Poi, lasciato quell'affascinante seppur duro lavoro, comunque mal conciliabile con la famiglia, a metà degli anni '60 mi trasformai in "terricolo". La passione per il modellismo risale a quando, ragazzino di quinta elementare a Camogli, vidi costruire, proprio sul piazzale antistante la scuola, il "Golfo Paradiso I". Il primo battello destinato a collegare Camogli con Punta Chiappa e San Fruttoso. Il servizio era infatti svolto, fino ad allora, da grosse motobarche. Vidi costruire la chiglia e fissarvi le ordinate, vidi applicare il fasciame ed il battello prendere forma. E nel laboratorio di mio padre, poco distante, recuperando qualche ritaglio di compensato, tentai di fare il "mio" battello. Per la verità venne un po' storto e quanto toccò le acque del Rio Gentile si rovesciò subito. Ma il seme era gettato. La mia attività modellistica era comunque saltuaria e poco significativa. Solo nel 1983, invitato dal Museo Marinaro di Camogli a partecipare al concorso per la ricostruzione di un Liberty, mi impegnai più seriamente e vinsi il primo premio, grazie soprattutto all'aiuto dell'Armatore Ruggero Marsano che mi aiutò nella ricerca delle informazioni. Quel liberty si chiamava "Golfo di Trieste". Successivamente costruii la motonave Golfo di Palermo, una portarinfuse modificata perdutasi nel porto di Bassora allo scoppio della guerra fra l'Iran e L'Irak. Ormai il modellismo navale era diventato il mio hobby preferito. Nelle due costruzioni precedenti avevo già realizzato gli interni, ovvero avevo costruito anche le cabine, le cucine, la plancia, ecc. Avevo così scoperto il piacere di andare a frugare nell'anima delle navi. Quale nave più del Titanic poteva vantare interni che meritassero di essere "visitati"? Le splendide cabine, i lussuosi saloni, la palestra... e i famosi arredamenti nei più svariati stili. Come sottrarsi a questo sogno che mi prendeva sempre di più. Ma non era facile trovare le informazioni necessarie. La nave era durata troppo poco perché potesse essere disponibile una documentazione fotografica adeguata. E poi, all'epoca, non esisteva ancora la fotografia a colori. Ma tutte queste difficoltà, lungi dal farmi abbandonare l'impresa, mi stuzzicavano sempre di più. Scrissi al cantiere costruttore, a Belfast, che mi mandò quattro disegni e una ventina di fotografie. Poi trovai alcuni libri dai quali ricavai profili utili alla realizzazione dello scafo ed informazioni relative alla costruzione degli arredamenti. Per i colori mi feci aiutare da un restauratore di mobili antichi. Le difficoltà che incontrai furono moltissime. Una dei momenti più "drammatici" fu quando confusi il Titanic con il gemello Olympic. Avevo un disegno con una vista laterale del Titanic che mostrava il ponte "B" chiuso, avevo un paio di fotografie che mostravano il varo del Titanic, con il ponte "B" aperto ed una che mostrava entrambe le navi gemelle in allestimento. Per quegli strani ragionamenti che a volte attraversano la mente umana mi convinsi che il disegno del Titanic fosse, in effetti, quello dell'Olympic. E qui fai, smonta e rifai finché, entrato in possesso di una altra serie di fotografie, mi convinsi che il ponte B del Titanic fu chiuso durante l'allestimento e che il disegno fornitomi da Harland & Wolff era esatto. |
Capitano Duilio Curradi |
Il
modello è costruito in legno secondo la tecnica
tradizionale. La
struttura interna, costituita dalla chiglia e dalle ordinate,
è
realizzata in compensato di pioppo dello spessore di 5 mm. I vari pezzi
sono legati fra loro da listelli di tiglio che conferiscono all'insieme
l'aspetto, e la rigidità di una gabbia. Il fasciame è realizzato in compensato di betulla, dello spessore di 2 mm., nelle parti più piane e da listelli di tiglio, anche questi spessi 2 mm. ma di diverse larghezze, nelle parti più stellate. L'estrema prora e l'estrema poppa sono in legno pieno. L'effetto fasciame è stato ottenuto sovrapponendo sottili strisce di compensato di betulla allo scafo, preventivamente finito e lisciato. La superficie dello scafo costituisce così i "corsi interni", le strisce sovrapposte i "corsi esterni" del fasciame. Per simulare le sovrapposizioni di testa fra le lamiere dei corsi esterni sono stati applicati pezzetti le legno, sagomati e stuccati. Ma la cosa più originale di questo modello è la realizzazione degli interni. Tutti i ponti, a partire dal ponte di coperta, sono stati costruiti separatamente e tali da potersi incastrare perfettamente uno nell'altro. Ogni ponte è costituito da una base in compensato di betulla da 1 mm. sul quale sono riprodotti, sempre con compensato dello stesso spessore, tutti i locali. La loro finitura interna è stata ottenuta, in genere, utilizzando normale carta bianca, disegnata e colorata secondo i motivi ed i colori che è stato possibile individuare, applicata per mezzo di films biadesivi. Per la costruzione dei mobili ho prima individuato i diversi stili ed i vari colori. Ho poi disegnato i componenti semplificando la costruzione in funzione della riproduzione in scala. Poi ho organizzato delle piccole costruzioni in serie, pezzo per pezzo, stile per stile, fino a disporre di un congruo numero di "mobili". Descrivere il modo nel quale ho costruito tutti questi piccoli oggetti, che alla fine sono risultati essere alcune migliaia, è un po' difficile. Diciamo che, a parte una grande quantità di tempo e di pazienza, ho utilizzato il solito compensato di betulla da 0,4 mm. per sportelli, gambe generalmente sagomate, spalliere dei letti, schienali dei mobili, ecc. Ho utilizzato listelli di tiglio nelle varie misure per realizzare le parti "piene". Per il montaggio mi sono aiutato con delle dime. Gli specchi sono realizzati con alluminio per alimenti e i rubinetti con sottile filo di ottone. Ma all'interno del modello ci sono anche tanti altri oggetti: dagli attrezzi della palestra ai tavoli apparecchiati di una sala da pranzo di prima classe, dalle sedie e dai tavolini del Café Parisienne alle poltrone della sala del barbiere, dalle bottiglie di Champagne sistemate negli appositi scaffali ai piatti impilati nelle cucine. E via così fino a ricostruire, con il massimo dettaglio possibile, tutte quelle cose che fanno della nave un mondo completo. Come descrivere la costruzione di tutto questo se non facendo appello alla fantasia, agli stuzzicadenti, a piccoli pezzetti di legno e di metallo? Sono proprio queste le cose che stimolano il modellista: vedere il problema e riuscire a trovare il modo per risolverlo impegnando al meglio le proprie risorse fino al risultato finale. |
Quando
ci si accinge a costruire un modello bisogna, innanzi tutto, decidere
cosa deve diventare: se dovrà essere statico oppure
navigante,
se dovrà essere un oggetto "dimostrativo" o riproporre
l'immagine più fedele possibile della nave vera. Quando mi
accinsi a costruire il Titanic decisi di fare un modello statico il
più fedele possibile all'originale. Per ottenere questo mi
sarei
potuto limitare alla costruzione del modello rifinendolo esternamente
con la massima cura. Ma io volevo qualcosa di più. Volevo
che il
mio Titanic non fosse una bella scatola vuota. Come ho già
detto
volevo che avesse un'anima. E da qui la costruzione degli interni. Ma quando mi sono trovato con tutti i ponti finiti il modello ha cominciato a girare fra le mostre e a subire una serie interminabile di "visite". E ogni volta: perché lo vuoi chiudere?, non si può fare tutto questo lavoro e poi renderlo invisibile, lascia almeno qualche "buco" per andarci a guardare dentro, e via così fino a sentire ogni possibile ragione contraria al mio progetto di chiudere definitivamente il modello. In pratica ogni volta dovevo separare i vari ponti, con il rischio di danneggiarli. Poi tutte le parti, costruite in legno, erano soggette a deformazione e, in queste condizioni, era impossibile montare i componenti esterni ed il sartiame. Finire, cioè, la nave. Finalmente un giorno, presa la drastica decisione, ho iniziato le operazioni di chiusura dopo avere, naturalmente, fatto eseguire un'accurato rilievo fotografico di tutti gli interni. |
Cucine al
ponte "B"
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Ho
cominciato a fissare i
ponti uno sull'altro, partendo dal ponte "C", su su fino a coprire le
tughe al ponte lance. Per essere sicuro della tenuta nel tempo ho
utilizzato colla a due componenti e, nei punti di maggiore tensione, ho
inserito delle viti. Poi ho montato tutti i componenti esterni e tutte
le finiture. Il "mio" Titanic si presenta ora come una nave finita, pronta a partire. Adesso guardandolo si può vedere un modello abbastanza simile all'originale che, grazie alle fotografie e ad un po' di fantasia, consente all'osservatore di rivivere, per qualche momento, il fascino di questa grande e sfortunata nave. E se questo provoca qualche emozione nell'osservatore, come l'ha provocata in me, il modello ha raggiunto il suo scopo. Sono infatti le emozioni, come amo sempre ripetere, il "sale" del modellismo. Se questo articolo, e queste fotografie, faranno nascere in qualcuno il desiderio di fare del modellismo, o di fare proprio questa nave, esistono oggi in commercio ottimi libri di modellismo in generale e del Titanic in particolare. Sono altresì reperibili disegni completi che consentono di superare brillantemente le difficoltà da me incontrate. |
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