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Dal vapore ai vapori

Duemila anni di storia, dalla sfera di Ero alle moderne turbonavi         di Duilio Curradi Articolo pubblicato dal trimestrale di scienza e tecnica Dicembre 2007 - Febbraio 2008
L'HOBBY DELLA SCIENZA E DELLA TECNICA

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La riproduzione in scala ridotta di navi che utilizzano il vapore come mezzo per azionare il proprio sistema di propulsione è assai diffuso fra gli appassionati di modellismo navale. Ma il vapore compare anche nelle locomotive, in molte macchine agricole e industriali. Insomma, i modellisti se lo trovano spesso fra i piedi. Proviamo, con queste poche righe, a vedere se riusciamo a saperne un po’ di più.
Diamo un’occhiata al primo secolo d.C.. Siamo ad Alessandria, ormai sottoposta la dominio romano, quando un ingegnere greco, certo Ero, costruisce una sfera cava e gli applica due tubetti ricurvi che puntano verso direzioni opposte. Ci mette dentro dell’acqua e la fa bollire. Il vapore, uscendo dai tubetti, fa girare la sfera. E’ stato creato, in pratica, il primo motore a vapore.
Piroscafo a ruote L'Orenoque Passano gli anni, anzi i secoli, finché, all’inizio del 1700, quando aumenta notevolmente la richiesta di carbone, si rende necessario migliorare il sistema di aspirazione dell’acqua dalle miniere. All’epoca si usava aspirare l’acqua con un sistema rudimentale che sfruttava il vuoto formato dalla condensazione del vapore, oppure la si spingeva fuori immettendo vapore in pressione. Un certo Newcomen inventa una macchina nella quale un pistone viene spinto dal vapore a bassa pressione che si forma facendo bollire dell’acqua nella camera di riscaldamento. Poi questa camera viene raffreddata e il pistone torna al suo posto per iniziare un nuovo ciclo. Si tratta di un aggeggio assai inefficiente ma, in mancanza di meglio, si va avanti in questo modo per una cinquantina di anni. Finalmente, un giorno, una di queste macchine viene data a riparare ad un ingegnere scozzese di nome James Watt. James, che è un tipo molto ingegnoso, capisce subito quanto sia irrazionale continuare a scaldare e a raffreddare la stessa camera. 
Così prova a costruire una macchina con due camere: una mantenuta sempre calda e una mantenuta sempre fredda. Il vapore, quando deve spingere il pistone, si trova nella camera calda, quando deve condensare passa, attraverso un sistema di valvole, nella camera fredda.  Altro vapore viene allora immesso nella camera calda e il ciclo ricomincia. Ed ecco fatto. Siamo vicini alla prima vera macchina a vapore. Ma il nostro James non è uno che si accontenta. Il vapore lo ha evidentemente “scottato”. Continua a trafficare sulla sua macchina finché riesce a far entrare il vapore, alternativamente, in una camera su ognuna delle due facce del pistone che può così produrre lavoro utile in entrambe le corse. Ma ancora non basta. Studia un meccanismo, che oggi conosciamo come sistema asta-biella-manovella, che trasforma il moto alternativo del pistone in moto rotatorio. Adesso è fatta veramente. Battello fluviale King of Mississippi
Non è più necessario usare i “motori primi” che sfruttano i corsi d’acqua o il vento, costringendo ad operare in prossimità o in presenza di queste risorse. Adesso basta portare la macchina dove serve e alimentarla con il combustibile necessario. La rivoluzione industriale è alle porte. Queste macchine cominciano ad essere usate per alimentare macchinari di vario genere, pompe, telai per la tessitura, ecc.. Ma ecco che qualcuno pensa di sistemare delle palette sulla circonferenza di queste ruote e far muovere così un’imbarcazione. Nel 1783 ci prova il francese Claude de Jouffroy con un battello che risale la Saona per ben 15 minuti. Nel 1787 l’americano John Fitch costruisce il primo battello a vapore che svolge servizio regolare sul fiume Delaware, fra Filadelfia e Trenton. Ma l’impresa, che non riesce a coprire i costi, viene interrotta e il battello si perde a causa di una tempesta nel 1792. Passa una quindicina di anni e finalmente, nel 1807, Robert Fulton costruisce un battello di quaranta metri, lo storico Steamboat,.che risale il fiume Hudson, da New York ad Albany, in sole 32 ore. L’impresa è un successo e, in breve tempo, Fulton mette in servizio una flottiglia di battelli a vapore. Questi battelli sono costruiti per la navigazione fluviale dove le cose, tutto sommato, sono abbastanza tranquille. Perché non provare, però, ad usare questo sistema di propulsione anche in mare?.
Rimorchiatore a vapore Muimota Nel 1819 si assiste al primo tentativo. La nave americana Savannah attraversa l’Atlantico usando la macchina a vapore solo per un dodicesimo del percorso. La prima vera traversata atlantica a vapore viene invece compiuta dal Royal William nel 1833. Per la verità questa nave non attraversa l’Atlantico per stabilire un record ma, molto più prosaicamente, perché i suoi proprietari vogliono disfarsene e, non riuscendo a venderlo sul mercato americano, lo spediscono in Inghilterra. Ormai la propulsione a vapore ha dimostrato la sua validità, nonostante le caldaie (1) e le macchine siano ancora molto rudimentali. Si comincia ad ottimizzare il rendimento del sistema. Fondamentali sono gli studi del fisico francese Carnot che dimostra che la massima efficienza della macchina a vapore dipende dalla differenza di temperatura tra il vapore al massimo del suo calore e l’acqua al massimo della sua freddezza. In pratica si costruiscono caldaie capaci di produrre sempre più vapore a temperatura e pressione sempre più alte e condensatori (2) capaci di raffreddare il vapore, a fine ciclo, creando un vuoto elevato.
Per tutto il XIX secolo si assiste alla costruzione di navi sempre più grandi e sempre più veloci. E’ in questo periodo che le linee transatlantiche acquistano grande importanza. Le navi a vapore assicurano una buon rispetto degli orari e maggiore comodità. Le ruote a pale vengono sostituite dalle eliche. I saloni somigliano sempre più agli interni delle dimore più lussuose. All’inizio del XX secolo la tecnica delle costruzioni navali si è già sviluppata molto e possono entrare in servizio transatlantici di grandi dimensioni capaci di attraversare l’Atlantico in pochi giorni a velocità che superano i 20 nodi (3). E’ il tempo del Mauretania e del Lusitania, dell’Olympic e del Titanic. Negli anni successivi le caldaie a carbone vengono sostituite da quelle alimentate a nafta. Le macchine alternative vengono sostituite dalle turbine. E’ il tempo del Rex e del Normandie, del Queen Mary e del Queen Elisabeth. Turbonave passeggeri Andrea Doria
Ormai la velocità di questi liners supera i 30 nodi. La seconda guerra mondiale arresta questa crescita. Queste belle navi, quando sopravvivono, vengono destinate al trasporto delle truppe. Nel dopoguerra le linee marittime riprendono a funzionare. Si costruiscono nuove navi. E’ il tempo dell’Andrea Doria, del France, del Queen Elisabeth II. Ma ormai il trasporto aereo toglie spazio al trasporto passeggeri via mare. Le navi di linea vengono sostituite dalle navi da crociera. Il vapore lascia il posto al motore Diesel che assicura economicità di esercizio e maggiore manovrabilità. Ma queste note sono rivolte soprattutto ai modellisti navali. Molti subiscono il fascino degli antichi “vapori”. C’è chi, addirittura, costruisce caldaie e motrici alternative funzionanti. Nelle foto pubblicate si vedono alcuni esempi di splendidi modelli …a vapore.

(1)   Le prime caldaie costruite sono a “tubi di fumo”. Sono costituite da un involucro cilindrico che contiene uno o più forni. L’acqua si trova all’esterno dei tubi e viene scaldata dai forni e dai tubi all’interno dei quali passa il calore e il fumo che va verso la ciminiera. Le caldaie più moderne sono a “tubi d’acqua”. In questo caso l’acqua si trova all’interno dei tubi, che collegano dei collettori. Il calore della combustione investe i tubi e i collettori dall’esterno e il vapore si raccoglie nel collettore superiore.

(2)   Il condensatore è costituito da un involucro all’interno del quale ci sono due piastre tubiere verticali collegate fra loro da una serie di tubi. All’interno di questi tubi circola acqua di mare mentre il vapore, a fine ciclo, condensa e torna in caldaia.

(3)   Il nodo è la velocità di una nave in mare. Corrisponde a un miglio all’ora. Un miglio corrisponde a 1852 metri.
I modelli illustrati in questo articolo fanno parte della flotta A.N.V.O. - Associazione Navimodellisti Valle Olona - Castellanza VA - www.anvo.it